“Affare” PETROLIO. Punta dell’Iceberg. Basilicata. PARTI 1-5
La Regione Basilicata è uno dei più importanti serbatoi di acque sotterranee e superficiali destinate al consumo umano della Nazione.
La Regione Basilicata è anche il più ricco giacimento di idrocarburi d’Italia.
Nel 2012 la Commissione Parlamentare ha evidenziato nella Regione Basilicata “… 890 siti inquinati censiti, la metà dei quali connessi alle attività di prospezione petrolifera”.
Secondo i dati ufficiali dell’Ufficio Nazionale Minerario per gli Idrocarburi e le Georisorse (UNMIG), in 93 anni, dal 1921 al 31 dicembre 2014 in Basilicata sono stati perforati 484 Pozzi. Acqua e idrocarburi. La convivenza di queste 2 sostanze è incompatibile.
Contenuto:
1. Distruzione degli ecosistemi naturali
2. Basilicata, il più grande serbatoio nazionale dell’acqua
2.1. SORGENTI
3. Concessioni petrolifere in Basilicata
3.1. Fasi di lavorazione e sostanze chimiche
4. Centro Olio Val d’Agri, C.O.V.A.
5. Parchi della Regione Basilicata e conflitto con Pozzi
6. FRACKING. MORIA DEI PESCI. CONSUMO DELL’ACQUA. SCARTI PETROLIFERI. SORGENTI RADIOATTIVE
7. Terremoti indotti, deformazioni e rotture dei Pozzi. Pozzi di re-iniezioni
8. Smaltimento dei fanghi di perforazione
9. Lago Pertusillo
10. Analisi chimiche
11.Contaminazione degli alimenti12. Pozzi petroliferi PERGOLA 1, TEMPA ROSSA, MONTEGROSSO
13. IMPATTO DELLE TRIVELLE IN VAL D’AGRI SULLA SALUTE UMAN
14. Casi legali in Basilicata
15. Posizione ENI, Transizione ecologica, LOBBY del PETROLIO
SUMMARY
La Regione Basilicata è uno dei più importanti serbatoi di acque sotterranee e superficiali destinate al consumo umano della Nazione.
La Regione Basilicata è anche il più ricco giacimento di idrocarburi d’Italia.
Nel 2012 la Commissione Parlamentare ha evidenziato nella Regione Basilicata “… 890 siti inquinati censiti, la metà dei quali connessi alle attività di prospezione petrolifera”.
Secondo i dati ufficiali dell’Ufficio Nazionale Minerario per gli Idrocarburi e le Georisorse (UNMIG), in 93 anni, dal 1921 al 31 dicembre 2014 in Basilicata sono stati perforati 484 Pozzi.
Acqua e idrocarburi. La convivenza di queste 2 sostanze è incompatibile.
L’attività petrolifera compromette la qualità delle acque.
La Regione Basilicata ha un reticolo idrografico ricchissimo: 8 fiumi principali, solo nella Val d’Agri ci sono 23 strutture idrogeologiche, 650 Sorgenti e 2 invasi d’acqua.
Nella Regione Basilicata manca il Piano di Tutela delle Acque previsto dal Codice dell’Ambiente che permette alle compagnie petrolifere di fare altre richieste per trivellare nelle zone ricche delle preziose risorse sorgive e anche nei Parchi.
Nel 2019 l’incidenza delle attività estrattive riguardava il 35 % del territorio della Regione Basilicata. In caso di accoglimento delle numerose istanze di permesso, l’incidenza passerebbe al 65 % del territorio!
Nella Val d’Agri circa il 60 % delle aziende agricole lucane hanno chiuso la loro attività, in quanto i prodotti coltivati erano inquinati da idrocarburi e metalli pesanti (fragole, uva, olivi, peperoni, miele, latte, vino…)
ENI è diventata il più grande proprietario terriero della Val d’Agri.
Praticamente, tutta la Regione Basilicata è “coperta” dalle trivellazioni, ricerche, permessi di ricerca di idrocarburi sia in orizzontale che in profondità, considerando che le trivellazioni arrivano a forare la terra fino a 3-4-5-6-7 km.
Durante la fase di perforazione dei Pozzi, per facilitare la penetrazione delle trivelle nel sottosuolo, vengono usate da 250 a 1’300 sostanze chimiche, secondo fonti diverse, dannose all’ambiente e all’uomo. La loro composizione chimica è coperta da segreto industriale.
Si tratta di fluidi iniettati che accompagnano l’intera vita del Pozzo, che inquinano per anni o decenni il sottosuolo, il suolo, le falde acquifere, producendo ogni giorno diverse tonnellate di fanghi di lavorazione, che devono essere smaltite.
I Pozzi di estrazione idrocarburi attivi in Basilicata sono 126 di cui 43 in provincia di Potenza e 83 in provincia di Matera.
In Val d’Agri ci sono 40 Pozzi per l’estrazione di petrolio, di cui 26 in produzione, e 1 Pozzo di Costa Molina 2 a Montemurro è destinato a re-iniezione fluidi (rifiuti di produzione petrolifera).
Nel comune di Viggiano dove si trova il Centro Oli C.O.V.A. ricadono 20 Pozzi petroliferi.
Tra gli inquinanti emessi dall’impianto C.O.V.A. ci sono NOx, SO2, CO e particolato, l’idrogeno solforato (H2S), i Composti Organici Volatili (V.O.C.).
Durante il processo di idro-desolforazione nel Centro C.O.V.A. una parte di idrogeno solforato (H2S) viene dispersa nell’aria da un inceneritore a fiammella, che emette circa altri 70 inquinanti. Le altezze dei pennacchi con cui le sostanze chimiche escono dai camini variano da 12 a 33 m, la temperatura da 395 a 1’083 °C, la velocità di uscita da 3,1 a 21,4 m/s.
In Italia i limiti di emissione di H2S sono 5’000 volte superiori a quelli degli Stati Uniti:
- Organizzazione Mondiale della Sanità: 0,005 ppm di H2S
- USA: Il Governo Federale consiglia 0,001 ppm (ciascuno stato decide autonomamente)
- Massachussetts: 0,0006 ppm
- Oklahoma: 0,2 ppm
- California: 0,03 ppm
- Canada, Alberta: 0,02 ppm
- ITALIA: Industria non petrolifera – 5 ppm
- ITALIA: Industria petrolifera – 30 ppm
Il monitoraggio di questa sostanza in Val d’Agri avviene solo 2-3 volte l’anno.
Oltre ai danni causati direttamente all’uomo, l’H2S ha effetti nocivi su piante, animali e pesci ed ha effetto di bio-accumulo.
In 16 anni, dal 2001 al 2017, C.O.V.A. ha contaminato 26’000 m2 del suolo, pari al 15 % dell’area di 180’000 m2 che occupa, ha smaltito irregolarmente oltre 854’000 t di sostanze pericolose.
In 7 anni, dal 2012 al 2019, nel Centro sono stati più di 100 incidenti, che sono stati sminuiti o taciuti da ENI.
Il paradosso è che C.O.V.A. si trova in un’area naturalistica di pregio, una delle più importanti d’Europa.
Le aree naturali protette della Basilicata occupano circa il 30 % della superficie, con 120 aree protette organizzate in un sistema dei 3 Parchi Nazionali, 3 Parchi Regionali, 14 Riserve Naturali statali e regionali, 5 Oasi WWF, 82 SIC, ZSC e ZPS (Rete Natura 2000), 2 Zone Umide Ramsar, 9 aree IBA.
Il Parco Nazionale del Pollino è il parco più grande d’Italia e considerato Patrimonio UNESCO.
La storia dell’istituzione del Parco Nazionale Val d’Agri-Lagonegrese è stata fortemente influenzata dall’attività estrattiva.
Qualcuno ha definito il Parco Nazionale della Val d’Agri-Lagonegrese il Parco della Val d’AGIP, per sottolineare la rapacità delle compagnie petrolifere che pretendono di effettuare attività estrattive dentro un Parco Nazionale.
L’istituzione del Parco della Val d’Agri prevista nel 1991, è stata conclusa solo 16 anni dopo, l’8 dicembre 2007, a causa delle forti pressioni di alcune multinazionali petrolifere.
Si è passati da una prima proposta di perimetrazione pari ad un’estensione di circa 160’000 ettari all’attuale area frastagliata di 70’000 effettivi.
56 % in meno, rispetto alla prima versione di perimetrazione.
Tuttavia, nel 2017 ENI presenta la richiesta di nuova perforazione, nel Parco Nazionale dell’Appennino Lucano Alta Val D’Agri-Lagonegrese, che risultava inammissibile nel rispetto della funzione di protezione del capitale naturale del Parco.
Nei limiti della concessione Val d’Agri ricadono aree comprese nel Parco Nazionale Appennino Lucano Val d’Agri-Lagonegrese, nel Parco Regionale Gallipoli Cognato e Piccole Dolomiti Lucane.
Il territorio della concessione Val d’Agri è caratterizzato dalla presenza di 11 siti di Rete Natura 2000 (SIC/ZSC/ZPS).
Non esiste alcuna normativa italiana che definisce una distanza minima per l’esercizio di attività di estrazione petrolifera dai siti ZPS/SIC/ZSC/Parchi.
Secondo i dati di Alberto Diantini dell’Università di Padova, il 60 % dei 40 Pozzi sono situate alla distanza di 0,88 km – 1,11 km da ZPS e dal Parco Nazionale Appennino Lucano Val d’Agri-Lagonegrese.
Ad oggi 14 di 40 Pozzi si trovano all’interno del Parco Nazionale Appennino Lucano Val d’Agri-Lagonegrese.
Emerge che il 47,5 % dei 40 Pozzi sono situati alla distanza da 0,66 km a 1,19 km dai bacini idrici, il 30 % dei 40 Pozzi – a 0,58 km da fiumi, laghi o Sorgenti, il 12,5 % dei Pozzi – fra 1,25 km e i 1,84 km da fiumi, laghi o Sorgenti, il 10 % – tra 1,97 km e 2,47 km da fiumi, laghi o Sorgenti.
Secondo i dati di Alberto Diantini, la media distanza dei Pozzi petroliferi dalle aree SIC/ZSC è di 2,32 km, da ZPS – 1,93 km, dal Parco – 1,97 km, dai fiumi/laghi/Sorgenti – 0,98 km!
Data la grande importanza dell’invaso del Pertusillo dal punto di vista dell’approvvigionamento idrico a scopo potabile, esiste il rischio serio sia per il mantenimento dei delicati equilibri ecologici dell’area sia per la salute umana.
La Prof.ssa Geologo Albina Colella ha trovato nelle Sorgenti LaRossa 2 e LaRossa 3 situati a poco più di 2 km dal Pozzo di re-iniezione petrolifera Costa Molina 2, valori di alluminio 1’700 volte in più e gli idrocarburi totali 10 volte in più, rispetto ai valori normali nelle Sorgenti.
Secondo la Prof.ssa Colella, “una potenziale fonte di contaminazione di queste acque potrebbe essere rappresentata da perdite di acque di scarto petrolifero dal Pozzo di re-iniezione Costa Molina 2, dovute a cedimenti della integrità strutturale del Pozzo e diffusione di tali acque nel sottosuolo e contaminazione delle acque sotterranee”.
A circa 1,8 km dal Centro Oli di Viggiano si trova il Lago artificiale Pertusillo che fornisce l’acqua potabile alla Puglia e alla Basilicata. Ogni giorno 2’658’861 persone delle province di Bari, Taranto e Lecce bevono l’acqua proveniente dal Lago Pertusillo. Con la stessa acqua vengono irrigati 35’000 ettari di campi della Basilicata.
Il Lago rientra nel Parco Nazionale dell’Appennino Lucano Val d’Agri Lagonegrese.
I Pozzi di petrolio sono a meno di 1 km dal Lago e pescano a 4-5 km sotto la superficie.
Nei pesci del Lago Pertusillo sono stati rinvenuti idrocarburi, PCB, metalli pesanti, microcistine. Nell’acqua e nei sedimenti del Lago sono stati rinvenuti idrocarburi, metalli pesanti, naftalene, diossine, PFOS.
L’ARPAB ha censito la presenza di 21 metalli pesanti nelle acque del Lago, 5 dei quali passati indenni perfino agli impianti di potabilizzazione.
Analisi e studi eseguiti sul territorio della concessione petrolifera dimostrano il forte inquinamento sia delle falde acquifere che degli invasi idrici, con la presenza di metalli pesanti in concentrazione superiore ai limiti europei, nonché un’anomala distribuzione di tumori e malattie cardiorespiratorie nell’area.
Il problema c’è: il trascinamento degli inquinanti ambientali nella catena alimentare, ma su questo aspetto c’è troppa omertà di egoistica connivenza.
Analizzando 12 Pozzi artesiani nel comune di Corleto Perticara,
in vicinanza del giacimento Tempa Rossa, l’organizzazione ecologista C.O.V.A. CONTRO ha trovato:
manganese – 40 volte oltre il limite di legge;
boro – 1,6 volte oltre il limite;
ferro – 2,6 volte oltre il limite;
nitriti – 6,25 volte oltre il limite;
fluoruri – 2,8 volte oltre il limite;
alifatici clorurati – 2,1 volte oltre il limite;
cloroformio – 146 volte oltre il limite;
bromodiclorometano – 7,5 volte oltre il limite;
benzo(a)pirene – 2,5 volte oltre il limite.
Gli effetti sulla salute, a causa delle estrazioni petrolifere, sono ben noti essendo stati ampiamente studiati in varie località del mondo. Tali studi hanno dimostrato che le popolazioni residenti nel raggio di 500 m – 1 km dai Pozzi petroliferi hanno una incidenza maggiore sia di tumori, anche infantili, che di patologie croniche e malformazioni congenite.
Nonostante in Nigeria in 50 anni sono stati perforati 606 Pozzi petroliferi che fanno l’80 % del PIL nazionale, il paese africano rimane uno dei più poveri.
Nonostante 35 anni di estrazioni, anche la Basilicata rimane la regione più povera del sud e sicuramente una tra le più malate.
Lo studio epidemiologico finanziato dai comuni di Viggiano e Grumento Nova realizzato su 6’795 residenti per il periodo 2000-2014 ha scoperto che le ospedalizzazioni per le malattie respiratorie croniche nelle donne erano 202 % in più e, negli uomini, erano 118 % in più, nelle zone di maggiore esposizione agli inquinanti, che uscivano in aria dai camini di C.O.V.A.
Dalle analisi di mortalità è stato osservato un eccesso per le malattie del sistema circolatorio nelle donne +63 %, per uomini+donne +41 % nelle zone di maggiore esposizione agli inquinanti, che uscivano in aria dai camini di C.O.V.A.
La mortalità a Viggiano e Grumento Nova, rispetto a quella di 20 comuni della concessione Val d’Agri, ha evidenziato eccessi a Viggiano e a Grumento Nova per tutte le cause + 19 % tra le donne e + 15 % per entrambi, invece per le malattie del sistema circolatorio + 32 % di cui + 45 % per malattie ischemiche del cuore tra le donne.
Tra il 2011 e il 2014 il tasso di mortalità in un piccolo villaggio Corleto Perticara, che ha meno di 3’000 abitanti e che si trova a 4 km in linea d’aria dal Centro di Tempa Rossa e a 20 km da quello di Viggiano, era il 73 % più alto del tasso regionale e il 69 % più alto del provinciale.
Tra il 2011 e il 2014 nella provincia di Potenza il tasso di ospedalizzazione per tumore maligno nei maschi tra 0 a 14 anni è cresciuto del 48 %, il tasso di dimissioni per chemioterapia era più alto rispetto al nazionale del 37 % per le bambine e del 59 % per i bambini.
Nel 2017 circa 200 residenti dei comuni di Viggiano e Grumento Nova in Val d’Agri sono stati interrogati, riguardo la loro percezione dell’impatto del C.O.V.A. sulla salute umana.
Risultava che tra le persone intervistate:
95,9 % ritenevano che C.O.V.A. è molto pericoloso per l’ambiente;
98,6 % ritenevano che C.O.V.A. è molto pericoloso per la salute;
86,1 % ritenevano che tutte le persone sono potenzialmente esposte ai potenziali rischi del C.O.V.A.;
66,3 % ritenevano grave la situazione ambientale del comune di residenza;
67,1 % ritenevano che è molto probabile avere allergie;
72,1 % ritenevano che è molto probabile avere malattie respiratorie acute;
57,1 % ritenevano che è molto probabile avere malattie cardiovascolari;
49,1 % ritenevano che è molto probabile avere infertilità;
74,4 % ritenevano che è molto probabile avere varie forme di cancro;
69,5 % ritenevano che è molto probabile avere leucemia;
61,0 % ritenevano che è molto probabile avere malformazioni congenite.
61,6 % delle persone non si ritenevano sufficientemente informate sulla presenza dei pericoli nell’area in cui vivono.
Nel 2020 la Fondazione Ambiente Ricerca Basilicata (FARBAS) nei limiti dello Studio EPIBAS, ha interrogato circa 600 persone, residenti nelle aree interessate dalle attività di estrazione petrolifera in Basilicata.
Le persone intervistate hanno mostrato una percezione molto alta di pericolo alla salute, una insoddisfazione sull’informazione ricevuta e una bassa fiducia nell’affidabilità di media, associazioni, pubblica amministrazione in relazione alle informazioni sui pericoli ambientali.
Lo Studio ha scoperto che:
73,8 % delle persone intervistate che vivono vicino al centro C.O.V.A. e nella zona di trivellazione Tempa Rossa, ritenevano che l’estrazione petrolifera rappresenta un pericolo;
solo il 26 % ritenevano affidabili le informazioni fornite da Regione Basilicata (Dipartimento di Salute, Dipartimento di Ambiente);
solo il 37 % ritenevano affidabili informazioni, fornite da aziende sanitarie locali;
solo il 24,4 % ritenevano affidabili informazioni fornite da ARPA;
solo il 25 % ritenevano affidabili informazioni fornite da comuni;
solo 22,6 % ritenevano affidabili informazioni fornite da ISPRA e ISS;
solo il 17,4 % ritenevano affidabili informazioni fornite dall’Europa;
solo il 19,8 % ritenevano affidabili informazioni fornite dal Governo;
solo il 25,7 % ritenevano affidabili informazioni fornite da mezzi di comunicazione (TV/Radio/giornali).
Mentre ENI e TOTAL facevano finta di essere preoccupate per il fabbisogno energetico dell’Italia, per le ricadute sull’economia e l’occupazione, perché pagavano solo il 7 % di royalties (il 4 % se il petrolio è estratto in mare),per poter avere il permesso dal Governo di spremere la terra altrui e saccheggiare le risorse, quando in Venezuela le royalties al Governo sono l’85 %, in Norvegia – 80 %, in Bolivia ed Ecuador – oltre il 50 %, l’aria, il suolo, l’acqua, l’agricoltura, il turismo e la salute del popolo della Val d’Agri hanno avuto le ricadute drammatiche.
L’estrazione petrolifera è una grave ipoteca sul futuro delle terre.
L’unico futuro ecologico possibile per la Basilicata è il futuro delle energie rinnovabili.
Le energie fossili e le trivellazioni sono il passato.
“Affare” PETROLIO è come una punta dell’Iceberg la cui enorme ENTITÀ NERA distrugge ecosistemi naturali, comporta perdita di biodiversità e rischio di nuove malattie infettive, inquina l’area, il suolo, le acque superficiali e le sotterranee, di cui fanno parte le Sorgenti, Torrenti, Fiumi, Laghi, danneggia la catena alimentare, fauna, flora e la salute umana.
La Regione Basilicata copre solo circa il 6-8 % del fabbisogno nazionale di petrolio (2 settimane di consumo nazionale) e circa l’1,4 % del fabbisogno nazionale di gas (4 giorni di riscaldamento delle case degli italiani in inverno).
Il resto l’Italia lo deve comprare.
Oggi in Italia l’ACQUA, l’ORO BLUE, è davvero più preziosa del PETROLIO?
Oggi in Italia i PARCHI, l’ORO VERDE, sono davvero più preziosi del PETROLIO?
Solo la stupidità umana e l’avidità delle pochissime multinazionali possono ipotecare l’ORO BLUE e l’ORO VERDE dell’intera Regione Basilicata.
Per solo 2 settimane di consumo nazionale…
Leggere l’articolo PARTI 1-5:
Pubblicato il 21.12.2021
Dr. Tatiana Mikhaevitch, Ph.D. in Ecology, Academy of Sciences of Belarus, Member of the Italian Ecological Society (S.IT.E.), Member of the International Bryozoological Society (I.B.A.), Member of the International Society of Doctors for the Environment (I.S.D.E.), www.plumatella.it, info@plumatella.it, tatianamikhaevitch@gmail.com