Inquinamento dell’ambiente

S.I.N. Polo Petrolchimico di Priolo. PARTI 1-8

Terra di mandorle, agrumi, pesche, albicocche che un tempo godeva dell’abbondanza di acqua solcata da numerosi bacini idrici. In 70 anni lungo i 30 km della costa siracusana da Augusta a Siracusa il Polo Petrolchimico ha distrutto itinerari naturalistici spettacolari e importanti siti archeologici. La nascita nel 1950 del Polo Petrolchimico, il più grande d’Europa, già negli anni 70 ha generato una serie di problemi a causa dell’assenza di consapevolezza ecologica e di leggi a tutela della salute delle popolazioni nelle aree industriali. Ciò si è manifestato da una serie di INCIDENTI, morie di pesci, insorgenza di patologie tumorali e, infine, dalle nascite di bambini malformati.

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S.I.N. Polo Petrolchimico di Priolo. PARTE 6

Il triangolo del Polo Petrolchimico Augusta – Priolo – Melilli, noto anche come il TRIANGOLO DELLA MORTE, è caratterizzato da un IMPATTO AMBIENTALE estremamente grave provocato dalle industrie, che ha generato gravi e numerosi problemi di salute.

In soli 30 anni, l’incidenza dei tumori nella zona è cresciuta di 3,4 volte.

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S.I.N. Polo Petrolchimico di Priolo. PARTE 5

PARTE 5. CONTAMINAZIONE DELLA FAUNA E DEI PRODOTTI ALIMENTARI

La nascita nel 1950 del Polo Petrolchimico, il più grande d’Europa, già negli anni 70 ha generato una serie di problemi a causa dell’assenza di consapevolezza ecologica e di leggi a tutela della salute delle popolazioni nelle aree industriali. Ciò si è manifestato da una serie di INCIDENTI, morie di pesci, insorgenza di patologie tumorali e, infine, dalle nascite di bambini malformati.

Il Polo Industriale di Priolo ha una superficie di 43 milioni di m2 e coinvolge i comuni di Augusta, Priolo, Melilli, Floridia, Solarino e Siracusa.

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S.I.N. Polo Petrolchimico di Priolo. PARTE 4

PARTE 4. Inquinamento causato dal POLO PETROLCHIMICO

Nell’area S.I.N. di Priolo ben 21 stabilimenti sono soggetti alle Direttive Seveso, con più alto rischio ambientale, di cui la maggior parte è ubicata proprio a Priolo.

La Procura di Siracusa ha stimato che circa 530 t di mercurio sono state scaricate in mare da MONTEDISON, successivamente da ENICHEM, nel periodo compreso tra il 1958 e il 1991, riconoscendo la società come responsabile dellavvelenamento del mare.

L’ISPRA ha censito più di 13 milioni di m3 di sedimenti nocivi, quantità che equivalgono a 400 edifici di 24 piani ciascuno.

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S.I.N. Polo Petrolchimico di Priolo. PARTE 3

PARTE 3. Sito di Interesse Nazionale (S.I.N.) Priolo – Melilli – Augusta

Già nel dicembre del 1990, malgrado fossero trascorsi 20 anni dall’avvio delle attività del Polo Petrolchimico e dai primi impatti dell’inquinamento sulla fauna della Rada di Augusta e sulla salute umana, con la crescente percentuale delle malformazioni, i territori di Augusta, Priolo, Melilli, Siracusa, Floridia e Solarino, in prossimità della Zona Industriale, furono dichiarati “a rischio di crisi ambientale”.

Il 9 dicembre 1998 il territorio del Polo Petrolchimico di Priolo con la Legge 426/98 è stato inserito tra i Siti di Interesse Nazionale da bonificare (S.I.N.). Successivamente il sito è stato perimetrato con Decreti del Ministro dell’Ambiente del 10 gennaio 2000 e del 10 marzo 2006, sviluppandosi su una superficie di circa 5’815 ha a terra e 10’068 ha a mare.

La parte di terra si estende nei comuni di Augusta, Priolo, Melilli e Siracusa. La parte a mare copre le aree portuali di Augusta e di Siracusa

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S.I.N. Polo Petrolchimico di Priolo. PARTE 2

PARTE 2. Rete Ecologica Europea NATURA 2000 e Siti archeologici

Nella Provincia di Siracusa, le Riserve Naturali Protette e le Aree NATURA 2000 occupano il 14,36 % del territorio.

Le Riserve Saline di Augusta, Saline di Priolo e Saline di Siracusa sono state designate come S.I.C. (Sito di Interesse Comunitario), Z.P.S. (Zona di Protezione Speciale), Z.S.C. (Zona Speciale di Conservazione) e fanno parte della Rete EuropeaNATURA 2000.

Queste Riserve rappresentano Zone Umide e Zone IBA (Important Bird Area) della Provincia di Siracusa fornendo soste, territori per nidificazioni e svernamento per oltre la metà degli uccelli presenti in Sicilia e circa il 40 % di quelli presenti in Italia.

L’80 % delle 250 specie di uccelli avvistate nelle Riserve sono migratorie.

Tutte e 3 le Riserve sono conosciute come le “Oasi tra le CIMINIERE” perché sono circondate dal Polo Petrolchimico.

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S.I.N. Polo Petrolchimico di Priolo. PARTE 1

PARTE 1. Storia della fondazione del Polo Petrolchimico di Priolo

Terra di mandorle, agrumi, pesche, albicocche che un tempo godeva dell’abbondanza di acqua solcata da numerosi bacini idrici.

In 70 anni lungo i 30 km della costa siracusana da Augusta a Siracusa il Polo Petrolchimico ha distrutto itinerari naturalistici spettacolari, importanti siti archeologici come Thapsos, Megara Hyblaea e Stentinello, ha inglobato le terre agricole e i centri abitati,ha inquinato l’ambiente compromettendo la salute dei residenti.

Una piccola cittadina, Marina di Melilli, è stata demolita e cancellata dalla carta geografica, perché era un ostacolo per la costruzione dello stabilimento ISAB. Le case furono spianate, i residenti furono “deportati” altrove. Il “caso Marina di Melilli” si concluse nel 1979.

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S.I.R. (Sito di Interesse Regionale) di Venezia – Porto Marghera

Il Polo Petrolchimico a Porto Marghera nasce nel 1917 e ha 105 anni. La città di Venezia nasce nel 421 e ha 1’600 anni.

Il Centro Storico della città di Venezia dista dal Petrolchimico soli 5 km. A causa della vicinanza del Polo Petrolchimico a Venezia, l’inquinamento prodotto dalla Zona Industriale ha un forte impatto sulla città antica: è “IMPATTO DI MARGHERA“.

A 105 anni dalla sua nascita, il Polo Petrolchimico a Porto Marghera ancora oggi testimonia come l’industria chimica cresciuta ha divorato esseri umani e risorse comuni – aria, terra, acqua, biota e mare.

Nel 1998 il Sito di Interesse Nazionale di Venezia – Porto Marghera (S.I.N.) è stato incluso nell’elenco dei siti di bonifica. Nel 2013 il sito S.I.N. è stato declassificato in S.I.R. (Sito di Interesse Regionale), e ridimensionato da 5’771 ha a 1’621 ha.

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“Affare” PETROLIO. Punta dell’Iceberg. Basilicata. PARTI 1-5

La Regione Basilicata è uno dei più importanti serbatoi di acque sotterranee e superficiali destinate al consumo umano della Nazione.

La Regione Basilicata è anche il più ricco giacimento di idrocarburi d’Italia.

Nel 2012 la Commissione Parlamentare ha evidenziato nella Regione Basilicata “… 890 siti inquinati censiti, la metà dei quali connessi alle attività di prospezione petrolifera”.

Secondo i dati ufficiali dell’Ufficio Nazionale Minerario per gli Idrocarburi e le Georisorse (UNMIG), in 93 anni, dal 1921 al 31 dicembre 2014 in Basilicata sono stati perforati 484 Pozzi. Acqua e idrocarburi. La convivenza di queste 2 sostanze è incompatibile.

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“Affare” PETROLIO. Punta dell’Iceberg. Basilicata. PARTE 4

Analisi e studi eseguiti sul territorio della concessione petrolifera dimostrano il forte inquinamento sia delle falde acquifere che degli invasi idrici, con la presenza di metalli pesanti in concentrazione superiore ai limiti europei, nonché un’anomala distribuzione di tumori e malattie cardiorespiratorie nell’area.

Il problema c’è: il trascinamento degli inquinanti ambientali nella catena alimentare, ma su questo aspetto c’è troppa omertà di egoistica connivenza.

Analizzando 12 Pozzi artesiani nel comune di Corleto Perticara, in vicinanza del giacimento Tempa Rossa, l’organizzazione ecologista C.O.V.A. CONTRO ha trovato la concentrazione dei metalli pesanti fino a 40 volte oltre il limite di legge.

Nonostante in Nigeria in 50 anni sono stati perforati 606 Pozzi petroliferi che fanno l’80 % del PIL nazionale, il paese africano rimane uno dei più poveri. Nonostante 35 anni di estrazioni, anche la Basilicata rimane la regione più povera del sud e sicuramente una tra le più malate.

Lo studio epidemiologico finanziato dai comuni di Viggiano e Grumento Nova realizzato su 6’795 residenti per il periodo 2000-2014 ha scoperto che le ospedalizzazioni per le malattie respiratorie croniche nelle donne erano 202 % in più e, negli uomini, erano 118 % in più, nelle zone di maggiore esposizione agli inquinanti, che uscivano in aria dai camini di C.O.V.A.

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