Ecologia

“Affare” PETROLIO. Punta dell’Iceberg. Basilicata. PARTE 4

Analisi e studi eseguiti sul territorio della concessione petrolifera dimostrano il forte inquinamento sia delle falde acquifere che degli invasi idrici, con la presenza di metalli pesanti in concentrazione superiore ai limiti europei, nonché un’anomala distribuzione di tumori e malattie cardiorespiratorie nell’area.

Il problema c’è: il trascinamento degli inquinanti ambientali nella catena alimentare, ma su questo aspetto c’è troppa omertà di egoistica connivenza.

Analizzando 12 Pozzi artesiani nel comune di Corleto Perticara, in vicinanza del giacimento Tempa Rossa, l’organizzazione ecologista C.O.V.A. CONTRO ha trovato la concentrazione dei metalli pesanti fino a 40 volte oltre il limite di legge.

Nonostante in Nigeria in 50 anni sono stati perforati 606 Pozzi petroliferi che fanno l’80 % del PIL nazionale, il paese africano rimane uno dei più poveri. Nonostante 35 anni di estrazioni, anche la Basilicata rimane la regione più povera del sud e sicuramente una tra le più malate.

Lo studio epidemiologico finanziato dai comuni di Viggiano e Grumento Nova realizzato su 6’795 residenti per il periodo 2000-2014 ha scoperto che le ospedalizzazioni per le malattie respiratorie croniche nelle donne erano 202 % in più e, negli uomini, erano 118 % in più, nelle zone di maggiore esposizione agli inquinanti, che uscivano in aria dai camini di C.O.V.A.

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“Affare” PETROLIO. Punta dell’Iceberg. Basilicata. PARTE 3

A circa 1,8 km dal Centro Oli di Viggiano si trova il Lago artificiale Pertusillo che fornisce l’acqua potabile alla Puglia e alla Basilicata. Ogni giorno 2’658’861 persone delle province di Bari, Taranto e Lecce bevono l’acqua proveniente dal Lago Pertusillo. Con la stessa acqua vengono irrigati 35’000 ettari di campi della Basilicata.

Il Lago rientra nel Parco Nazionale dell’Appennino Lucano Val d’Agri Lagonegrese.

I Pozzi di petrolio sono a meno di 1 km dal Lago e pescano a 4-5 km sotto la superficie.

Nei pesci del Lago Pertusillo sono stati rinvenuti idrocarburi, PCB, metalli pesanti, microcistine. Nell’acqua e nei sedimenti del Lago sono stati rinvenuti idrocarburi, metalli pesanti, naftalene, diossine, PFOS.

L’ARPAB ha censito la presenza di 21 metalli pesanti nelle acque del Lago, 5 dei quali passati indenni perfino agli impianti di potabilizzazione.

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“Affare” PETROLIO. Punta dell’Iceberg. Basilicata. PARTE 2

Nel comune di Viggiano dove si trova il Centro Oli C.O.V.A. ricadono 20 Pozzi petroliferi.

Tra gli inquinanti emessi dall’impianto C.O.V.A. ci sono NOx, SO2, CO e particolato, l’idrogeno solforato (H2S), i Composti Organici Volatili (V.O.C.).

In 16 anni, dal 2001 al 2017, C.O.V.A. ha contaminato 26’000 m2 del suolo, pari al 15 % dell’area di 180’000 m2 che occupa, ha smaltito irregolarmente oltre 854’000 t di sostanze pericolose.

In 7 anni, dal 2012 al 2019, nel Centro sono stati più di 100 incidenti, che sono stati sminuiti o taciuti da ENI.

Il paradosso è che C.O.V.A. si trova in un’area naturalistica di pregio, una delle più importanti d’Europa.

Le aree naturali protette della Basilicata occupano circa il 30 % della superficie, con 120 aree protette organizzate in un sistema dei 3 Parchi Nazionali, 3 Parchi Regionali, 14 Riserve Naturali statali e regionali, 5 Oasi WWF, 82 SIC, ZSC e ZPS (Rete Natura 2000), 2 Zone Umide Ramsar, 9 aree IBA.

Il Parco Nazionale del Pollino è il parco più grande d’Italia e considerato Patrimonio UNESCO.

La storia dell’istituzione del Parco Nazionale Val d’Agri-Lagonegrese è stata fortemente influenzata dall’attività estrattiva.

Qualcuno ha definito il Parco Nazionale della Val d’Agri-Lagonegrese il Parco della Val d’AGIP, per sottolineare la rapacità delle compagnie petrolifere che pretendono di effettuare attività estrattive dentro un Parco Nazionale.

L’istituzione del Parco della Val d’Agri prevista nel 1991, è stata conclusa solo 16 anni dopo, l’8 dicembre 2007, a causa delle forti pressioni di alcune multinazionali petrolifere.   

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“Affare” PETROLIO. Punta dell’Iceberg. Basilicata. PARTE 1

La Regione Basilicata è uno dei più importanti serbatoi di acque sotterranee e superficiali destinate al consumo umano della Nazione.

La Regione Basilicata è anche il più ricco giacimento di idrocarburi d’Italia.

Nel 2012 la Commissione Parlamentare ha evidenziato nella Regione Basilicata “… 890 siti inquinati censiti, la metà dei quali connessi alle attività di prospezione petrolifera”.

Secondo i dati ufficiali dell’Ufficio Nazionale Minerario per gli Idrocarburi e le Georisorse (UNMIG), in 93 anni, dal 1921 al 31 dicembre 2014 in Basilicata sono stati perforati 484 Pozzi.

Acqua e idrocarburi. La convivenza di queste 2 sostanze è incompatibile.

L’attività petrolifera compromette la qualità delle acque.

La Regione Basilicata ha un reticolo idrografico ricchissimo: 8 fiumi principali, solo nella Val d’Agri ci sono 23 strutture idrogeologiche, 650 Sorgenti e 2 invasi d’acqua.

Nel 2019 l’incidenza delle attività estrattive riguardava il 35 % del territorio della Regione Basilicata. In caso di accoglimento delle numerose istanze di permesso, l’incidenza passerebbe al 65 % del territorio!

Praticamente, tutta la Regione Basilicata è “coperta” dalle trivellazioni, ricerche, permessi di ricerca di idrocarburi sia in orizzontale che in profondità, considerando che le trivellazioni arrivano a forare la terra fino a 3-4-5-6-7 km.

Durante la fase di perforazione dei Pozzi, per facilitare la penetrazione delle trivelle nel sottosuolo, vengono usate da 250 a 1’300 sostanze chimiche, secondo fonti diverse, dannose all’ambiente e all’uomo.

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S.I.N. “BUSSI sul fiume TIRINO”

Il fiume Tirino significa triplice sorgente. È uno degli affluenti del fiume Pescara che sfocia nel Mare Adriatico. Il fiume Tirino è attraversato dal piccolo paese Bussi sul Tirino e fa parte del Parco Nazionale del Gran Sasso e Monti della Laga.

Bussi è stato da sempre considerato un sito comodo grazie all’acqua.

Nel 1901 nel piccolo paese Bussi sul Tirino fu impiantata la fabbrica “Officine di Bussi sul Tirino”.

Durante la Prima e la Seconda Guerra Mondiale la fabbrica produceva iprite, arsine, fosgene, difosgene e lewisite.

Finite le guerre, la fabbrica ha convertito la chimica militare in chimica civile, producendo coloranti, concimi sintetici, carburanti.

Dalla fabbrica uscivano cisterne di cloro, cloroetani, ipoclorito, cloruro ammonico, piombo tetraetile, trielina, carburo di calcio, dicloroetano, acido monocloroacetico.

I primi allarmi riguardo linquinamento del fiume Tirino arrivano negli anni 70: mercurio nei pesci, nel grano, nella vite, nell’olivo, piombo nel grano, nei semi, nell’olivo…

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S.I.R. “Fiumi Saline e Alento”

Secondo il WWF, Marelibero e Abruzzo Social Forum, i fiumi Saline e Alento, che scorrono nella Regione Abruzzo e confluiscono nel Mare Adriatico, sono in una crisi ambientale quasi senza ritorno.

Alla foce del fiume Saline tempo fa si fermavano uccelli migratori e stanziali. Nel 2002 la foce è diventata l’Oasi della WWF, tutelando circa 40 ettari lungo il fiume Saline. Oggi lOasi WWF è stata abbandonata a causa del degrado sociale dell’area.

Se una volta alla foce del fiume Saline c’era l’Oasi WWF, adesso ad un passo dal fiume sorge la discarica di Villa Carmine, diventata uno sversatoio di rifiuti. Siringhe, cumuli di rifiuti, abbandono, degrado della foce del Saline. Una discarica a cielo aperto, presa di mira da tossicodipendenti, da ditte che lungo il fiume scaricano illegalmente rifiuti. Un’autentica bomba ecologica, con rifiuti sotterrati e gettati lungo le sponde del fiume.

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S.I.R. “Basso Bacino del Fiume Chienti”

L’inquinamento del Basso Bacino del fiume Chienti è stato scoperto nel 1992 e interessa 5 comuni. Nel 94 % dei casi l’inquinamento del basso tratto del bacino idrografico Chienti è causato dall’uso agricolo e zootecnico delle zone vicine al fiume Fiastra, nello 0,04 % – dal fiume Chienti (nitrati, nitriti, pesticidi), dagli scarichi civili di alcuni comuni. Solo una piccola percentuale dell’inquinamento è dovuta all’uso industriale che rilascia però nel fiume una quantità di sostanze pericolose, come idrocarburi alifatici clorurati, metalli pesanti (zinco, nichel, rame, ferro, manganese), PCB, IPA, DDT, DDD, DDE, sufficiente per causare moltissime malattie e patologie della popolazione.

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L’inquinamento del fiume Sarno

Il fiume Sarno è un torrente lungo 24 km, che attraversa 3 province della Campania, Salerno, Napoli e Avellino, 39 comuni, dove abitano tra 750’000 e 1 milione di abitanti. Il reticolo idrografico del fiume Sarno è arricchito da un gran numero di affluenti secondari, per uno sviluppo lineare complessivo di circa 1’630 km. Il fiume Sarno sfocia nel Golfo di Napoli.

La conferenza sui fiumi meno salubri del pianeta, tenutasi a settembre del 2018 a New York, ha inserito il fiume Sarnotra i 20 più inquinati al mondo. Qui scorre di tutto, secondo i dati CNR: acqua, cromo, cadmio, piombo, rame, nichel, vanadio, arsenico, zinco, manganese, ferro, tetracloroetilene, policlorobifenili, idrocarburi, pesticidi e perfino cocaina

L’inquinamento del fiume mina la salute dei cittadini, inficiando negativamente sull’economia agricola del luogo.

Dal 1915 ad oggi il fiume ha conosciuto il suo periodo più nero.

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S.I.N. “Bacino del Fiume Sacco e Valle del Sacco”

Il fiume Sacco, lungo circa 80 km, scorre nella regione Lazio. La Valle del Sacco, storicamente nota come Valle Latina, occupa c.a. 7’000 ha tra Roma e Frosinone. È il territorio comunemente denominato Ciociaria.

Il fiume Sacco risulta contaminato per tutta la lunghezza del suo corso. L’inquinamento del fiume Sacco riguarda mezza Regione Lazio.

L’ecosistema del fiume Sacco viene distrutto dal primo centro abitato che incontra, Colleferro, dal 1912 Polo Industriale.

Nel 1912 a Colleferro è stata fondata lindustria bellica, la BPD (Bombrini Parodi Delfino), che nel dopo guerra estese la sua produzione nelle divisioni della chimica, ferroviario, tessile. Al 30 ottobre 1976 le unità industriali a Colleferro ammontavano a 138 fabbriche.

Negli anni 1976-1978 uno studio eseguito da CNR di Roma, analizzando i settori di produzione, bellico, chimico e ferroviario degli stabilimenti BPD, ha rilevato, tra le altre criticità, sversamenti esterni di liquami e rifiuti industriali nei bacini idrici del fiume Sacco e in discariche abusive.

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S.I.N. Laghi di Mantova e Polo Petrolchimico

Mantova, la raffinata città, dal 1300 al 1600 governata da Gonzaga, si adagia sulle rive del fiume Mincio, e si affaccia sul Parco Naturale del Fiume Mincio,  l’area protetta della Lombardia, estesa dal Lago di Garda alla confluenza nel fiume Po. Il Parco ospita la Riserva Naturale Castellaro Lagusello, la Riserva Naturale Bosco Fontana, la Riserva Naturale Vallazza (Rete Natura 2000, ZPS e SIC) e la Riserva Naturale Valli del Mincio (Rete Natura 2000, Zona Ramsar, ZPS e SIC).

Sfruttando l’ideale collocazione costituita dalle anse del fiume Mincio, sulla riva destra del fiume negli anni ’40 è stato costruito un complesso industriale il più grande d’Italia: il Polo Petrolchimico che occupa la superficie di 3,5 km2.

“… risale al 1973 una prima indagine sui sedimenti dei laghi e di alcuni tratti del fiume Mincio, …, …. vengono trovate elevate concentrazioni di mercurio”, -ha scritto ISPRA in uno dei suoi rapporti nel 2009. Quasi 30 anni dopo dai primi studi sull’inquinamento, è stato istituito il sito S.I.N. di bonifica del Polo Petrolchimico.

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